Il medico della nave / 8 | Amy Fusselman
(…) pensavo agli esseri umani come corpi, corpi pesanti che vanno in giro sudando, puzzando, producendo disgustose secrezioni, e che ogni tanto si sdraiano e gemendo sputano fuori un altro corpo. Pensavo all’assurdità della cosa, e anche quanto sia difficile trascinarsi questo corpo qua e là, alla tortura che rappresenta farlo salire su un aereo, se vuoi volare, a quante volte al giorno vada pulito, lavato, asciugato, idratato, nutrito, svuotato e di nuovo idratato, senza sosta, e nonostante tutto vada comunque in pezzi.
Mentre tenta di rimanere incinta tramite fecondazione assistita, una giovane donna cerca di elaborare la scomparsa del padre. Un padre pesante, soprattutto adesso che non c’è più; quel padre che — medico su una nave mercantile durante la Seconda Guerra Mondiale —ha sempre rappresentato per lei l’affetto più profondo. Ma questo evento luttuoso, dal quale non si è ancora legittimamente ripresa, è amplificato da quella battaglia parallela e difficile per mettere al mondo suo figlio, e diventare genitore a sua volta: lei, che porta nella voce tutto l’autobiografismo di Amy Fusselman, cerca di spostare il proprio peso vitale tra ciò che resta indietro e ciò che sta per arrivare. È una descrizione asciutta e a tratti cruda, quella che fa; perché la morte di chi amiamo non si supera mai davvero, anzi incoraggia il nostro lato più cinico e pessimista, forse non esattamente un corredo incoraggiante per chi sta per dare alla luce un figlio. Ma è di questo che ha bisogno Amy Fusselman: di quel cinismo e di quella testardaggine, che dopo Il medico della nave (la prima parte) sfocia in 8 (la seconda), dove si ripercorre un altro avvenimento traumatico: quello che la vede vittima, in età ancora troppo tenera, del marito della sua babysitter, colui che lei chiama “il mio pedofilo”. Ed è dunque così che le due storie si legano, e che formano un unico grande racconto su come il dolore ci cambi e su come, però, nonostante tutto ci aiuti anche a fortificarci, in tanti diversi e inimmaginabili modi. Amy Fusselman ci prova, anche grazie ad una visione del mondo sovvertita; a quella maniera di guardare al tempo e allo spazio come valori in continuo movimento, e non come statiche e sterili prese di coscienza. La medicina sperimentale, l’educazione dei due figli (che nel frattempo è riuscita ad avere), ma perfino un corso per prendere il patentino da motociclista, sono per lei le modalità con cui fare tesoro di questi avvenimenti dolorosi e sfruttarli per ricostruire il suo presente. Portato quest’anno in Italia da Black Coffee con la traduzione di Leonardo Taiuti, Il medico della nave/8 è un libro in cui il dolore è distillato e a volte riesce bene a nascondersi dietro le tante facce del quotidiano; un atto che rivendica il nostro diritto a sopravvivere e a non lasciarci sconfiggere dalle asperità, perfino quelle che ci paiono insormontabili.
Questo libro è per chi tiene un diario aggiornato delle proprie paure, per l’ordine del giorno dei nodi da sciogliere. E per chi pattina sul ghiaccio alla velocità della luce, disegnando sulla superficie figure senza contorno.
Voto: •••