Lions / Bonnie Nadzam
Le disse che, nonostante la velocità e le ruote che giravano sull’asfalto mentre andava, aveva sempre l’impressione di stare fermo. E ogni cosa era enorme. Se Lions era un luogo di aria, di luce e di roccia, non ne stava uscendo, bensì vi si addentrava sempre più in profondità o, meglio, si infilava sotto, fra le crepe. Era più un precipitare che un allontanarsi.
Bonnie Nadzam ha scritto uno dei libri più belli che io abbia letto nel 2015. Sono passati due anni dall’uscita italiana di Lamb, e quel libro mi accompagna ancora: un romanzo denso, scritto divinamente da una donna che ha saputo adottare alla perfezione il punto di vista maschile, mettendo alla prova il lettore con la storia di un cinquantenne che ha appena perso il padre, e che rapisce una ragazzina per portarla con sé in una baita in montagna. Lamb era un romanzo controverso, duro ed doloroso, in cui albergava una tensione insopportabile e a tratti sinistra; molto diverso da questo Lions, uscito quest’anno per la neonata Black Coffee, che finalmente ci restituisce Bonnie e la sua voce, una delle più brillanti tra le contemporanee americane. Lions è prima di tutto una leggenda, l’illustrazione sovresposta di un luogo sperduto in quell’America superstiziosa e desolata dove le leggende diventano parte integrante della realtà. Scappare da quella maledizione e iscriversi al college sembra essere l’unica speranza per Gordon e Leigh, una coppia di sedicenni legati da un amore di vecchia data: lui lavora nell’officina del padre, lei serve al diner della sua famiglia, ed entrambi sognano di andarsene, benedetti da quel loro speciale legame. Ciò che non hanno previsto è la piega degli eventi, sempre volubile e vagamente inquietante in un posto come Lions, dove i cartelli penzolano dietro le finestre delle fabbriche abbandonate: la morte del padre di Gordon, per esempio, che getta un’ombra sul villaggio, su sua madre e soprattutto su di lui, che inizia una serie di pellegrinaggi al nord, da cui tornare sembra sempre più difficile. Questa storia d’amore, soffocata da un universo in miniatura dove si alternano l’impulso di restare e il coraggio di cercare qualcosa di meglio, è messa alla prova da un’America rurale e indifferente, dentro la quale le morti e gli abbandoni assumono significati sinistri e dimensioni molto più grandi dei semplici avvenimenti quotidiani. Bonnie Nazdam ha scritto un romanzo sulle difficoltà di sopravvivenza dell’amore, sull’impossibilità di tenersi in piedi quando una parte di noi è venuta a mancare, dando enorme spazio al ritratto di questo ambiente così diverso dal nostro, che a tratti ci affascina e a tratti ci terrorizza. Lions è la fotografia di un continente pieno di contraddizioni, illustrato con una lingua potente, feroce e tridimensionale, che ci accompagna in quel villaggio misterioso e oscuro, tenendo sempre in ostaggio il nostro impulso alla tenerezza.
Questo libro è per tutti quelli che se ne vanno e a cui andarsene non basta per sentirsi in pace. Per chi ha avuto sedici anni e non ha creduto in nient’altro che nell’amore e per chi ama le uova strapazzate di mattina presto.