Stefano Sgambati / Gli eroi imperfetti
«Eppure un uomo dovrebbe sapersi prendere le cose che gli piacciono, pure se quelle fanno resistenza: invece scivolano via, come la sabbia che scivola via quando è stretta troppo forte nei pugni. Quindici anni non hanno insegnato a Matteo che l’unico modo per non perdere la sabbia è tenerla sul palmo, senza stringere le dita. Forse non lo hanno insegnato a nessuno: forse ne servono trenta o quaranta, di anni. Forse non ci si arriva mai a capirlo, ed è così che si formano le spiagge».
Un vinaio, sua moglie, un corniciaio, sua figlia, un giovane libraio e una moglie morta, trovata annegata nel Tevere quindici anni prima dell’inizio di questa storia: a Stefano Sgambati bastano questi pochi personaggi per costruire una storia, così come – in una Roma immensa e caotica – basta l’ambientazione piccola, quasi raccolta e teatrale di Ponte Milvio per far muovere quei personaggi «imperfetti», alla ricerca di una redenzione quotidiana, mentre nelle pagine si va delineando, invece, la loro tragica dannazione. «A uno che vende bottiglie e si pulisce la vetrina da solo non può succedere niente di male», dice Corrado Marini (il vinaio), ma si sbaglia, perché lui e sua moglie vengono coinvolti nella scioccante rivelazione di Gaspare (il corniciaio), lasciata andare quasi per gioco durante una cena tra amici. E dall’altra parte c’è Irene (la figlia di Gaspare) che cerca di scacciare i suoi fantasmi con gli psicofarmaci e il sesso, chiudendo gli occhi per non vedere la verità sua e altrui. Matteo (il giovane libraio) la ama e tenta disperatamente -con quell’amore atroce di cui l’autore racconta con sapienza- di salvarla da sé stessa e dai ricordi sepolti, dalle verità nascoste di cui questo libro è impregnato. «Gli eroi si sposano e tornano a casa insieme, rimanendo zitti durante la salita in ascensore. Questi sono gli eroi, gli stakanovisti della vita», scrive l’autore.
Gli eroi imperfetti (Minimum Fax, 2014) è un romanzo d’esordio potente e trascinante che parla dell’eroismo quotidiano di personaggi comuni al limite della disperazione più umana e banale, con una scrittura intelligente e mai scontata che manca a molti nuovi scrittori contemporanei. È un viaggio dentro la verità, anche quella peggiore, dentro la durezza dell’amore e della perdita, alla ricerca di una salvezza (se c’è) sempre più difficile da trovare negli altri e dentro noi stessi. Bellissimo.
Consigliato a chi cerca un romanzo intenso e ben scritto.
Gaia Tarini