Véronique Ovaldé / La sorella cattiva
Fuggire da Làperouse, nel profondo e selvaggio Canada, per svernare a Santa Monica, lì dove il paesaggio è così diverso, dove la vita può riservare ancora tante sorprese: un inverno lungo, quello di Maria Cristina, che scappa da una famiglia straziata da comiche e tragiche fatalità, che hanno in fondo soltanto il sapore della vita, quella semplice e complicata di tutti coloro che hanno sofferto davvero. Lì, dall’altra parte del mondo, lontana da un padre così incapace di vivere e da una madre che si è abbandonata lentamente ad una fragile follia, Maria Cristina è diventata adulta, anche grazie a Claramunt, che non è solo il suo tutore e il suo spirito guida, ma anche il suo amante, colui che la inizia alle gioie del sesso e l’addestra alle asperità dell’amore. Scrivono entrambi, ognuno a modo loro, prendendo e lasciandosi come tutti gli innamorati che giocano di scherma; finché Maria Cristina non è costretta a tornare a casa per recuperare il figlio di quella sorella adorata e dimenticata sulla cui esistenza grava il peso di un incidente la cui colpa è anche e soprattutto sua. Chi è, davvero, la sorella cattiva? Quella che ha bisogno di scappare per dimenticare quello che le parole non riescono a spiegare, o colei che resta, e in quest’insistenza trova il modo di lasciare un seme, quello di una pianta di cui necessariamente si dovrà occupare qualcun altro perché la storia possa seguire il suo corso? La sorella cattiva (Minimum Fax, 2015) di Véronique Ovaldé è un romanzo sublime e impareggiabile, scritto benissimo dalla penna di una donna che tiene in costante equilibrio maschile e femminile con la sapienza delle streghe; una storia ricca di dolori necessari e purificanti, costellata di sorprese dolci e amare. Quel genere di romanzo che si apre e non si chiude finché tutte le parole non sono esaurite, l’occasione per ricordarci quanto dobbiamo lasciare indietro e cosa invece dobbiamo conservare per trovare il nostro punto di equilibrio.
Consigliato a coloro che amano guidare col braccio fuori dal finestrino abbassato e non hanno paura di interpretare i piccoli segnali che li circondano.
Gaia Tarini
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