Yolaine Destremau / Le ribellioni

YOLAINE DESTREMAU
LE RIBELLIONI
traduzione di Marta Giusti
12x19 cm, 288 pp.
brossura cucita con bandelle
qzerty/qwerty, 4. 2020
ISBN 978-88-98462-04-9
13 euro
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Lei ragazza, che sale e scende le scale al ritmo di pietre preziose, e negli occhi del suo navigato artista legge il sogno di un viaggio in altrove. O l’altra lei, che vende storie di carta ed è figlia del viaggio, quarant’anni a cercare il padre e ora sulla soglia dell’incontro. O infine lei, lei che è sabbia calda e poi danza, lei che è semina parigina della promessa di un amore e poi ritorno arabo al conforto dell’ombra – o invece lei, l’amica che torna a nascere sui rami del Grande Albero e rifiuta il distacco dal cuore.
Il fuoco che accomuna i racconti delle Ribellioni è dominato da donne che cercano una ragione, un colpo di coda per tornare alla vita o riscoprirne il senso. Presenze e assenze sfuggenti hanno la forma di uomini, che offrono loro uno specchio proiettato sul mondo intimo che le riguarda, sempre contaminato da un sentimento d’amore.

«Nuota fino a me» è la preghiera e l’invito che Yolaine Destremau regala al lettore con quest’opera in tre movimenti, il cui fulcro è nell’inquietudine e nella voglia di queste donne di scoprire la libertà, di vivere la propria femminilità, anche quando questa accarezza i confini del fragile, semplicemente perché non vi è altra scelta.
Dall’Italia alla Francia, dall’Arabia alle coste d’America, Le ribellioni è  la strada che percorre  quel­l’universo emotivo e tenace dove la voce che trionfa è quella di chi non ha paura di cercare, di chi non si ferma, nella battaglia per la conquista del sé. Nella scrittura della Destremau la bellezza è a portata di mano, una stanza accogliente dentro cui si può entrare di corsa o in punta di piedi, ma sempre e solo con un imperativo: bussate forte.

Yolaine Destremau, dopo un’infanzia nomade tra Africa del Sud e Argentina, vive oggi fra Parigi e Lucca. Per una decina d’anni è stata pittrice, poi si è consacrata interamente alla scrittura. Ha pubblicato sei romanzi, tradotti in svariate lingue. Questa è la sua prima apparizione in lingua italiana.

 

«Si scrive perché scrivendo sembra di avere potere sul mondo, di trasformarlo, potere sul tempo che passa. L’impressione di allontanare la morte, perché la scrittura, come la creazione, è vicina alla sessualità, al desiderio, al piacere, al godimento.
Si scrive per essere letti, perché si crede che essere letti sia essere amati. Si scrive per essere amati.
Poi in seguito si scrive perché non se ne può più fare a meno, la scrittura diventa una droga, che divora, e si vorrebbe liberarsene, ma allora ci si accorge che c’è qualcosa di ancor più difficile dello scrivere: non scrivere più.
E si inizia a vivere nel terrore non di abbandonare la scrittura, ma di essere da essa abbandonati.
Io scrivo per via di alcune parole, poche, una breve lista, balcone, coleottero, jacaranda, zucchero di canna, mantiglia, lichene, astragalo, ossimoro, e alcune frasi, lette tanto tempo fa, che sono entrate nel mio sangue, nella mia carne, nelle ossa, e scorrono dentro di me.
Scrivo perché non ho più scelta».

In copertina: da  un olio su tela del 2014 di Michael Carson intitolato come la modella ritratta: Faith, Fede.
© 2014 Michael Carson.
Grazie a Michael Carson per la generosa concessione.

Il tempo è un fanciullo che gioca (Eraclito).

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