Esproprio letteral-proletario
Uno spettro si aggira per l’Europa: è quello di una lettrice-studiosa, ma fondamentalmente di una performer che sta leggendosi – in traduzione o in originale – tutta la Biblioteca Adelphi, collana principale della storica casa editrice fondata da Roberto Calasso che comprende circa 653 titoli. Destinati ad aumentare nel mentre che Eva K. Barbarossa, nome normanno di guerriera ossessivo-compulsiva, starà completando l’opera. Legge sei giorni su sette, più di un lavoro salariato, meglio di un qualunque lavoro salariato, giacché fa intendere entrate e reddito sicuro oltre la riuscita dell’impresa. Sì, la curiosità di quest’impresa è notevole: il blog Adelphi Project tiene il punto dell’avanzamento. La pelle evanescente di questo progetto si fa più fragile ogni volta che ci torno col pensiero. Cosa si nasconde dietro a questa tenace paladina della coerenza? Radicalismo (chic, non v’è dubbio) conoscitivo. Presidiare la nicchia-Adelphi. Esplorazione delle dinamiche del mercato dalla coda lunga, ribadendo che sono saltati i concetti di “mainstream” e ormai si va avanti soltanto con l’estremismo delle nicchie. Non c’è più l’underground perché tutto è underground. Non c’è più l’indipendente perché non ha senso opporre un’alternativa a un senso comune che non è quello miscelato dalla selezione del passato, ma è solo senso del momento attuale, più che attuale: momento al minutaggio zero. Poco importa, non c’è da restaurare niente. Il presente è questo. E spesso fa schifo. Come il lavoro salariato dal quale Eva K. Barbarossa è dispensata, a quanto pare. Ridistribuzione proletaria della Biblioteca Adelphi, allora: questo è quello che propongo. Adottiamo tutti un Adelphi, espropriamolo a questo Guinness dei primati che non ha senso, diffondiamo la lettura come un virus.