Giardino segreto
In questo post targato Penguin si compila la hit parade dei migliori giardini in letteratura. Si va dal giardino n.1, gigante letterario e mitico, quello dell’Eden raccontato da Milton a Orgoglio e pregiudizio a Mark Haddon. Nel mezzo titoli più o meno noti a noi italiani.
Il giardino è, anzitutto, una prova generale dell’invisibilità. Pochissimi sono i giardini che prevedono d’essere mirati dai passeggeri. Per la maggior parte si tratta di luoghi chiusi, horti conclusi, nei quali i legittimi proprietari possono fare esercizio di anonimato desiderato e voluto, che è sempre ginnastica del potere. Poter passare dalla visibilità al suo rovescio con un semplice comando del pensiero: questa è onnipotenza. Transitare indisturbati in mezzo alla folla: è come spiare dal buco della serratura, è voyeurismo, è atto cinematico e un poco canagliesco. Giardino segreto, a volte, che fa rima con finestra segreta (vedi Stephen King), occhio improvviso sul danno.
Ma non andiamo troppo in là: i giardini sono tutt’altro che ripiegamento oscuro rivolto a un ombelico furfante. C’è dentro una componente narcisistica, edenica, di ricomposizione della perduta libertà – si ricrea nella propria resede l’Eden o vari altri simulacri. È chiaro che con un piatto così ghiotto di temi e suggestioni la letteratura ci vada a nozze. Tra idillio perduto e ricomposto (o ricomponibile) e nevrosi (la piscina del Nuotatore di John Cheever si trova nei paraggi della versione USA ed espansa del giardino) uno dei luoghi migliori dove scrivere è sempre stato il giardino.
Filippo Polenchi