Hotel di carta
È la pratica delle serate occidentali, in quello stato di pre-sonno che sopraggiunge con torpore, con le interferenze dei sogni che già s’avanzano come avanguardie nel ritmo di apertura e chiusura delle palpebre. In quel momento, per accompagnare il proprio cervello in via di spegnimento verso il mondo dei sogni, leggiamo. Sono così lontani i tempi in cui si fantasticava di un mondo del futuro nel quale gli orari di lavoro si sarebbero ridotti drasticamente, liberati dall’ausilio delle macchine, e ci saremmo così potuti dedicare alla conoscenza e alla cultura delle arti. In questo mondo che ci siamo confezionati il tempo per leggere è quello che confina con il sonno.
Ma se la materia stessa del sonno fosse fatta di libri? Se il cuscino, il materasso, le coperte, tutto intorno brillasse come pulviscolo, un cosmo di libri? È quello che avviene, in fondo, al Bed and Book, un hotel giapponese dove si dorme fra i libri. Senza scherzi: 1700 titoli per poche stanze, perlopiù cuccette ricavate come intarsi di provvidi vermoni di saggezza nelle scaffalature di una libreria gigantesca. Il cliente dorme nella lettura.
E chissà come sono i suoi sogni in questo albergo delle meraviglie. Chissà come sono popolati i mondi di bagliori e fluorescenze di questi viaggiatori, clienti di passaggio. E perfino: chissà come sono queste persone in transito. La notte in mezzo ai libri è ristoro o rimpianto? Nostalgia o indifferenza? Vorrei fare il portiere di notte in un albergo così: naturalmente per poter leggere nel cuore della notte, indisturbato, nel ronzio dei respiri di carta dei miei clienti.
Filippo Polenchi