La fascetta che avreste sempre voluto leggere e non avete mai avuto il fegato di farlo
Ho trovato, su gentile suggerimento di una persona indispensabile – nella mia vita, ma soprattutto nella vostra vita – un blog che si chiama Fascetta Nera. Ridere. Non è un inno retrofascista, per grazia diddio. È un intelligente blog di un tizio che dice di sé: “Quasi ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa”. Dici: il ragazzo è meritevole. Sì, lo è. Ma soprattutto: mi fa ridere.
“È sempre il tempo di fare una commedia”, dice Nanni Moretti nel Caimano. Lo è davvero. Le migliori commedie sono quelle di Cechov, a mio dire. Commedie falsificate, derogate a un altro tempo, quello della tragedia, vestite di malinconia, di frequentazioni nell’iperuranio del pensiero. Cechov aveva questa splendida capacità di essere soave e sublime, leggero e transitante; una qualità memorabile nel riuscire a farti vergognare dell’immediata empatia nei suoi personaggi e non è da poco. In altre parole se volessi registrare una mia patente letteraria direi: “Aspira ad essere un personaggio Conrad, ma vive in un mondo di Cechov”. Chissà cosa avrebbero scritto gli sciagurati autori di queste fascette a proposito di, che so, Il gabbiano oppure Il giardino dei ciliegi.
Sono dei disgraziati. All’apparenza. Scrivono queste fascette che dovrebbero essere, nelle intenzioni della casa editrice, una propaggine in versione marketing di una qualunque essenza del libro. In quelle raccolte dentro questo blog si leggono cose terribili quali: “Questo libro lascia un sapore in bocca e i sapori non si descrivono ma si gustano”, oppure: “Un libro da leggere assolutamente, almeno due volte” (a cura dell’Indipendent) e “Un romanzo da sposare”, fino a perle assolute tipo: “Le più belle poesie del grande poeta piemontese tradotte in italiano tra cui Rassa nostram-a, amatissima da PAPA FRANCESCO” e quella d’autore – Baricco – che recita: “Leggere Proust e vedere Messi sono la stessa cosa”.
Ce ne sono a bizzeffe, da spezzarsi in due il bacino a forza di ridere. Perlopiù sono di una idiozia rara, ma è bello leggerle. Non so, a dirla tutta, se siano frutto di negligenza, inconsapevole stupidità e ironia involontaria, fatto sta che è divertente leggerle. Non sono neanche a quel livello di discussione che prende in causa il mercato editoriale, il suo stato di salute o di insalubrità. Queste bandelle sono a una specie di grado zero della pubblicità, un sottaciuto generatore di fascette che spara sintagmi e formule in un random maledetto. Altrettanto improduttivo è esaminare i cosiddetti critici odierni, con le loro idiosincrasie e i loro compromessi, quelli che riempiono le classifiche dei libri, nel senso che destinano le posizioni ai vertici settimanali dei “Libri più venduti”. L’invito è semplicemente quello di andarvi a leggere le scritte che popolano questo blog. Immagino il tizio che in una casa editrice ha scritto queste cose, sempre che esista davvero. Non mi stupirei se scoprissi che è stato un programma, né se è stato qualcuno che non solo non ha mai letto il libro in questione, ma ne abbia letti davvero pochi. E allora? Chi è che le scrive? E chi glielo ordina?
Mi ci perderei nell’infinito diorama delle fascette. Non voglio neanche fare profezie meschine sulla sorte dell’editoria, se queste sono le sue emanazioni pubblicitarie. In questo momento è indispensabile ridere, a crepapelle, cancellare il vuoto e l’orrore ridendo. Non c’è mai stata altra soluzione.
Filippo Polenchi