Le lezioni globali
Secondo una ricerca pubblicata dal “Guardian” i libri, negli ultimi anni, si sono allungati del 25%. Possibili moventi: la ricerca e acquisto dei volumi sulle piattaforme digitali, la sensazione di aver condotto un buon affare e la confidenza dei lettori contemporanei con le serialità televisive e la loro gravitazione intorno ai mondi del feuilleton.
L’acquisto di un libro su Amazon – o per un dispositivo digitale – libera il lettore dal fantasma della lunghezza. 900 pagine di carta, rilegate anche in una confezione tascabile, possono spaventare alla prova del peso. Al contrario le stesse 900 pagine in un contesto virtuale non sono rientrano in una categoria di variabili meno “pesanti”, ma se il libro fosse un epub per Kindle la stessa nozione di “pagine” perderebbe qualunque consistenza fisica.
Prendete Lost, Breaking Bad. Per dirne due soltanto. Milioni di spettatori per svariati cicli di anni che sono rimasti incollati alla Tv per seguire le vicende di personaggi. Chiaramente questi meccanismi moltiplicano la sensazione di dipendenza dello spettatore di fronte alle vicende sempre più ingarbugliate dei loro universi narrativi – e naturalmente aumenta la necessità di placare quella sete di drammaturgia.
Infine c’è la crisi. L’onnipotente crisi, che ha dato un peso a tutto. Ogni grammo di lavoro svolto costa una quantità di Euro che deve trovare immediata soddisfazione e monetizzazione. La crisi. Prima della crisi avevamo un po’ di tempo, non molto, ma un poco sì: poi, invece, abbiamo avuto solo il tempo per produrre, per arginare i danni, per arrestare il debito, per risollevarsi da un baratro. E tutto ha acquistato il peso barattabile sul mercato delle velleità. Quanto deve valere un libro per costare quanto costa? Quanto pesa?
Viene da pensare che, in tutto questo, colui che apparentemente ha perso è Italo Calvino. Le sue lezioni americane, vanamente sbandierate nei salotti letterari dell’oggi, sono forse profezie errate? Che fine hanno fatto la leggerezza, la rapidità, la molteplicità? Si sono avverate nelle ragnatele più o meno narrative del web, ma, a ben vedere, anche nel regno della molteplicità la rapidità e la leggerezza sono evaporate. Rimane la visibilità, come vessillo dei nostri giorni. E la stratificata complessità del cosiddetto panorama non aiuta a trovare una bussola, a orientarsi. Abbiamo bisogno di letteratura incendiaria o, finalmente, di cose serie? Siamo troppo seriosi, d’accordo, ma forse non dovremmo anche essere seri; oppure non dovremmo riconquistare la serietà di essere lievi?
Filippo Polenchi