Meditazione vs Distrazione
A questo link del prodigioso Libraio trovate l’articolo che ha ispirato questo post.
In fondo riesco a svuotare la mente. Ci riesco davvero, dico. Sono diventato bravo a seguire tutta la procedura. Mi concentro sul respiro per calmarmi. Faccio dieci respiri profondi e visualizzo il respiro che esce dal mio naso e tocca la punta del mento, poi come un arco voltaico mi brilla in pancia e poi ritorna su e io – sono un semplice e neutro punto d’osservazione – lo vedo muoversi e tornare, indifferente alla sua qualità morale, ma solo emanazione oggettiva. Poi sono diventato bravo, una volta placato, a “vedere” dove si concentra la tensione, in quale punto del corpo. Una volta che l’ho scovata le faccio spazio. Espando il respiro e costringo quella tensione a essere una minima boa nel mare, un punto cromatico sulla cima di un’onda che però è appena nata al largo: una dolce gibbosità sulla superficie del mare.
Funziona con l’ansia, mi hanno detto. Tuttavia c’è un punto che non riesco a mandar giù. D’accordo calmarsi, ma non è questo lo scopo, si dice. Lo scopo è capire che questa tensione, che questi pensieri, che queste emozioni continueranno a venire – mentre tu hai il desiderio lancinante che non tornino più – e non potrai fermarle. La sola cosa sulla quale puoi agire è accettarle, sapere che arriveranno e saperle riconoscere quando ci sono; lasciarle sullo sfondo, come una vibrazione a bassa frequenza nella radiazione cosmica che cinge il confine dell’Universo. A cosa serve allora accettare i pensieri? Per non smettere di fare delle cose: alla fine saranno le cose che hai fatto ad averti reso la vita degna di essere stata vissuta.
Sarà. A me sembra una declinazione molto, molto protestante a partire da una radice molto orientale. Il fatto è che un principio cardine della mindfulness è non cercare strategie per evitare l’ansia; non distrarti con un surrogato, mentre a me la distrazione sembra funzionare eccome. Immagino questi dirigenti d’azienda che tornano a casa, posano la valigetta sulla scrivania, tirano fuori il loro libro con disegni da colorare e iniziano a riempire di verde una foglia, badando a restare dentro i margini. Poi si dedicano alle albicocche. E vanno avanti. Ci sono innumerevoli libri, anche per adulti, con disegni da colorare che hanno questa precisa funzione: distrarti. Ti concentri su una cosa – riempire il colore nel segno, finire il quadro – per non concentrarti più su un’altra: lo stress, l’ufficio, le telefonate, gli ingorghi, l’olio dall’asfalto, le scadenze, le arroganze, le fregature, la bile, l’ambizione. Distrazione surrogata allo stato puro, il che è molto mediterraneo e fiacco, ça va sans dir. Fatto sta che non credo la vita sia solo nelle cose che faccio. La vita è anche in quello che penso, che ricordo. La vita è fatta anche delle mie distrazioni. Insomma, io la vedo in questo modo.
Filippo Polenchi