Monumenti al ricordo
In fondo “leggere per non dimenticare” è una formula tanto giusta che alla fine ha annacquato – o rischia di addomesticare – la storia. Sarebbe meglio svisare dai percorsi pedagogici assistiti, dalle urticanti braci di chi quella storia, quella storia al sangue, l’ha vissuta ma per forza di cose è stata ingabbiata in un modulo didattico e ripensare non soltanto non già la storia, ma proprio quella didattica. È come se ogni istruzione per non ripetere gli errori del passato nascondesse inevitabilmente il pericolo che a forza di ripetere allo stesso modo la stessa cosa si rivelasse a lungo andare inefficace.
Allora quando s’intuisce il rischio bisogna tornare all’origine delle questioni, nel punto bruciante che ancora non si è estinto, perché non può estinguersi, perché è un luogo dove l’umano ha collaudato la sua presenza sul limite. È bene tornare a leggere le opere con gli occhi vergini e straniati di una creatura che si affaccia ora al linguaggio. È bene rendere letterali le metafore.
L’odio del rogo di libri, perpetrato dall’assurdità del nazismo, rivive ora in un Partenone creato da centinaia di migliaia di libri a Kassel. O meglio, rivivrà, nel 2017, con una esposizione contemporanea anche ad Atene. Torneranno i libri che furono arrostiti, allora condannati dal tribunale delle canaglie, ora mattoni per erigere uno dei monumenti storici della civiltà. Perché, per una volta, il motto sia “costruire per non dimenticare”.
Filippo Polenchi