Principio di piacere
Il rifacimento: ci siamo dentro con tutti i piedi. E del resto non potrebbe essere diversamente in un’epoca come la nostra che ha svelato tutti gli originali del mondo, voglio dire: proprio tutti gli archetipi. Sono stati scovati in qualunque anfratto di pianeta fossero nascosti, o per meglio dire, dove fossero rimasti a fare gli archetipi sconosciuti da altre culture. E ora, ora che in quei pozzi abbiamo ficcato un occhio digitale che trasmette informazioni satellitari ad altri cervelli digitali, ora sappiamo che niente di originale potrà mai essere più creato. E tutto questo, se anche non fosse vero, be’, senz’altro è la sensazione dominante dell’oggi.
Per questo siamo nel tempo delle variazioni sul tema. O forse neanche, forse siamo semplicemente nel tempo dei remake, come si dice in ambito cinematografico. Ma del resto già Don Chisciotte era una parodia, il che non è da intendersi in senso puramente comico o deformante, ma semplicemente come traslazione di elementi presenti in un originale tanto da rendere riconoscibile il modello, in filigrana, ma del tutto autonoma la replica. Insomma, abbiamo gli strumenti per cavarcela già da un po’.
Non stupisce dunque che alcuni fan abbiamo rifatto scene letterarie famose (da Harry Potter a Il Signore degli Anelli ad Arancia meccanica) con i mattoncini e gli omini del LEGO, questo splendido armamentario di meccano che dalla Danimarca d’inizio Novecento è arrivato fino a noi con la sua carica di meraviglia e di precisione fantastica inalterati. Nel senso: ogni mattoncino LEGO, per il semplice fatto di potersi combinare con un altro, è un fondamento mobile della nostra stessa immaginazione, è l’elemento base della nostra fantasia permutativa, è il gioco infinito. E anche la letteratura, nella sua forma più pura e freudiana, è gioco, è principio di piacere. E noi, eterni giocatori, leggiamo e costruiamo, che poi è la stessa cosa.
Filippo Polenchi