The show must go on
Altre volte, da queste parti, abbiamo indagato le proteiformi virtù dei libri; si adattano, cambiano aspetto, mutano destinazione, nascono libri e camminano nel mondo come sculture, come lampade, come mobili. Questi manichini non faccio eccezione, sono semplicemente un’altra, stupefacente rappresentazione delle molteplici qualità dell’oggetto-libro.
Ma stavolta c’è un dettaglio che inizialmente sfugge. I manichini di libri sono destinati all’esposizione. È la moda che incontra il libro. Sono pupazzi impostati nella posa kabuki della moda, della sfilata, dell’esposizione. Ogni volta che si espone qualcosa la si lascia in bocca al tempo, che la divora. Ogni esposizione è corrosione: anche la moda – leopardianamente – fa rima con la morte, più rima di tutto, perché la moda è passaggio, transito istantaneo e dopo scompare nel nulla.
Guardateli questi corpi inanimati, che però hanno uno sguardo un po’ robotico e un poco stupito, quasi sgomenti della loro incarnazione inopinata. I loro occhi bevono le parole del mondo, l’alfabeto della vita che cerca di fissarsi nei libri per sfuggire alla morte, non hanno parole perché le consumano tutte sulla propria faccia; hanno bocche spalancate ma nessuna voce. Sono atterriti dallo scandalo di trovarsi costruiti dal nulla, ma non possono dar voce al brivido che li percuote perché the show must go on, in passerella, in vetrina e ovunque.
Filippo Polenchi