Tutto Harry minuto per minuto
Ci pensavo pochi giorni fa: quanto una storia rimane nella memoria delle persone? Dev’essere più di un’autorevolezza emanata dalla carta stampata, dalla copertina, dall’autore. Ma anche dall’arte del racconto, altrimenti tutti i resoconti dei nostri vecchi li ricorderemmo dopo qualche volta che ci vengono raccontati, anziché dimenticarli. Sì, di base ci sono le storie. Alcune storie, nell’immenso patrimonio delle storie, sono più avvincenti di altre.
O forse riguardano più persone nel mondo, attraversano geografie, superano contingenze personali per essere universali. Harry Potter è una di queste storie. Non che sia particolarmente originale, né particolarmente scritta bene (talvolta infatti la sensazione è quella di leggere una sceneggiatura). Ma proprio perché sa andare oltre a questi confini H.P. ha la forza ingenua di conficcarsi nell’immaginario collettivo. E poi, impossibile da escludere, la lunghezza.
È sul fiato lungo del maratoneta che la campestre della saga di J. K. Rawling gioca le sue carte migliori. Una storia lunga una generazione, scritta in lunghi anni e immaginata in minor tempo. I ragazzi crescono, certo, ma in modo più lento di quanto crescano i propri lettori, ammesso di avere lettori che fin dal primo libro si siano connessi con le avventure di Harry, Hermione e Ron. Molto probabilmente il vero compimento del ciclo è stato adesso, da quando la scrittrice inglese ha chiuso i giochi. Adesso, ora che tutto è stato scritto, si può regalare al mondo il quadro intero di Harry Potter e poi dispiegarlo su un tavolo: simultaneo e misteriosamente affascinante questa versione da diorama della serie di romanzi è un geroglifico della nostra epoca pop, un cifrario affascinante che prima o poi decifreranno.
Filippo Polenchi